venerdì 4 settembre 2009

Immigrazione e scuola. Una mamma marocchina racconta…(Laura Bonasera)

E’ la storia di una madre immigrata. Quella di “guerriera buona” che lotta contro un destino apparentemente segnato per sua figlia. Un destino che soltanto la scuola è in grado di cambiare, perché è la sola chiave. Da sola, senza famiglia o un marito accanto, con un’arma: il raccontare. Dentro ha rabbia sì, ma anche speranze e sogni. Per questo, ha deciso di parlare alla stampa e di chiedere aiuto. Pubblicamente, dopo essersi recata in Questura. Davanti ad un thè freddo mostra la lettera che comunica la “bocciatura” scolastica della figlia. Ha frequentato la prima classe della scuola media Pascoli ed ha quasi 14 anni, K. L. Un epilogo scolastico inaspettato per la donna che dice di essersi recata dai docenti più volte per chiedere informazioni sul rendimento della figlia ma di essere sempre stata rassicurata. “Non mi hanno mai parlato del rischio bocciatura” – dice la donna. Ora, la ragazzina non vuole più uscire da casa, né tanto meno ritornare sui banchi a settembre. “Voglio andare a lavorare. A scuola non ci voglio più andare tanto non capisco niente. Sbaglio sempre” – dice timidissima, con un italiano stentato mentre mostra i quaderni riempiti di esercizi di analisi del periodo. “Mi dice sempre così. Poi, si mette a piangere” – aggiunge rattristata la madre Nezma Dardor, 35 anni, marocchina, costretta a tradurre in arabo alcune frasi per farle comprendere anche alla figlia. Sette anni fa, Nezma lasciò Casablanca in cerca di un futuro ad Enna. Da tre anni, vive in un dignitoso appartamento in centro con la figlia. “Ci sono ragazzine di 14 anni che lasciano la scuola e vanno a lavorare come badanti anche in questa città – denuncia visibilmente adirata la donna – Non voglio che mia figlia faccia la stessa fine. Voglio che studi che prenda almeno un diploma. Ad Enna non c’è una marocchina diplomata o laureata. E’ assurdo. Io so cosa vuol dire lavorare per sopravvivere. Non ho finito nemmeno la seconda media perché mio padre morì e mia madre e i miei fratelli andarono a lavorare. Io ero la più piccola, e mi lasciarono a casa, a svolgere i lavori domestici. Ma avrei voluto tanto studiare”. Non si dà pace, né ragione. Sogna il meglio per sua figlia. Si chiede perché nessuno l’abbia aiutata. “Lavoro tutto il giorno come domestica. Torno la sera stanca – spiega Nezma - Come faccio ad aiutarla con l’italiano? Io lo parlo perché l’ho imparato lavorando, ma non riesco a fare gli esercizi di scuola – poi aggiunge – Ho chiesto aiuto alle insegnanti di mia figlia. Io non posso permettermi di pagare lezioni private. Mi hanno chiesto 300 euro al mese. Chi doveva aiutare mia figlia? La scuola, il comune? Mi sento presa in giro. Sono arrabbiata. Mi sono sentita sola – conclude - E continuo a sentirmi sola. Non so cosa fare per aiutare mia figlia a rinunciare ad un futuro uguale al mio”.

Uno spiraglio di speranza si aprì per Nezma quando le consigliarono di parlare con l’assessorato alle politiche sociali del comune. Si rivolse ad inizio anno scolastico all’assessore al ramo, Giuseppe La Porta: “Sì, è vero – spiega l’assessore – anche se non potevo e non posso tuttora fare contratti professionali a mediatori linguistici o facilitatori d’apprendimento (per via dello stato di dissesto che mi impedisce di aumentare il personale) ho comunque manifestato la possibilità di fornire alla scuola dei volontari. Per farlo, mi occorreva una richiesta formale da parte della scuola. Senza di quella, io non potevo attivare le procedure”. La richiesta? “Non mi è mai arrivata – risponde La Porta – e senza quella io non posso attivare nulla. So che quello del sostegno scolastico ai bambini immigrati è un problema, una emergenza che sta nascendo nella nostra città. Ma la sola cosa che il Comune può fare, per adesso, è sostenere attraverso i volontari”. Intanto, Nezma racconta di essersi recata alla Pascoli, ieri mattina, e di aver parlato con la preside Paola Anfuso. “Una richiesta di volontari dalla scuola non potrà mai partire – afferma la preside – La scuola è pubblica e in quanto dirigente di una pubblica amministrazione devo avvalermi del mio personale. Poi, se l’assessorato mi comunica la disponibilità di volontari nelle ore pomeridiane informerò sicuramente i genitori di questa possibilità. Ma la scuola, su questo tipo di problema è sempre stata attenta tanto da aver attivato percorsi differenziati pomeridiani proprio per i ragazzi immigrati dal rendimento insufficiente. Solo che la ragazzina non ha mai frequentato. Molti sono riusciti a migliorare, a fare passi da gigante, ma evidentemente non tutti i tempi di apprendimento sono uguali. In ogni caso, il collegio docenti ha ritenuto di fermarla per consentirle di rafforzare le competenze linguistiche, ancora insufficienti, prima di affrontare la seconda classe”.

Articolo pubblicato su "Giornale di Sicilia" - Sezione "Cronaca di Enna" - 9 luglio 2009

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