venerdì 29 gennaio 2010

C.M. n.2 (8 gennaio 2010)

Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza non italiana
La recente circolare ministeriale in questione fornisce nuove direttive che è importante considerare alla luce delle tradizionali problematiche legate all’integrazione degli alunni stranieri nelle nostre scuole e alla loro formazione. La circolare si apre sottolineando l’ormai nota incidenza del fenomeno migratorio sulla nostra realtà sociale, istituzionale e scolastica nella fattispecie. Il documento ministeriale sottolinea, tuttavia, l’incidenza negativa legata a determinate problematiche che riguardano il rapporto della scuola con gli stranieri. Queste premesse introducono uno dei punti centrali del documento: la distribuzione degli alunni stranieri nelle classi. Questa materia viene considerata da un punto di vista prettamente organizzativo al fine di evitare la formazione di classi disomogenee.
«Il numero degli alunni con cittadinanza non italiana presenti in ciascuna classe non potrà superare di norma il 30% del totale degli iscritti, quale esito di una equilibrata distribuzione degli allievi con cittadinanza non italiana tra istituti che insistono sullo stesso territorio»[1]
Il documento insiste su tre elementi di essenziale importanza: la dispersione scolastica, la padronanza della lingua italiana e il contatto tra diverse culture. Per quanto concerne l’inserimento degli alunni stranieri nelle classi questa circolare stabilisce che la quantità degli stranieri per classe non potrà superare, a partire dall’anno scolastico 2010-2011, la soglia del 30%. Tale soglia può essere innalzata o abbassata a seconda delle necessità particolari che dovranno essere seriamente motivate. Il documento, tuttavia, non si limita esclusivamente a stabilire criteri di carattere distribuzionale, ma delinea importanti modalità operative che possono diventare strumenti efficienti per il raggiungimento di veri ed avanzati obbiettivi di formazione. La circolare ministeriale propone, infatti, che si istituiscano dei veri propri “Patti territoriali” volti a una profonda concertazione tra le singole Istituzioni Scolastiche, le Amministrazioni Scolastiche territoriali e gli Enti locali. Questo punto del documento non può che essere condiviso perché è risaputo quanto la creazione di reti tra le istituzioni territoriali sia la strategia fondamentale per una buona accoglienza degli alunni non italofoni[2]. Tale organizzazione è utile anche per fornire, ai genitori degli allievi stranieri, un’approfondita informazione sull’offerta scolastica al fine di evitare situazioni di sovraffollamento e per garantire una scelta oculata della scuola da frequentare. Per far ciò le scuole dovranno avvalersi delle informazioni messe a disposizione dal  Sistema Nazionale di valutazione e dalle anagrafi degli Enti Locali ed avvalersi dell’apporto insostituibile, specialmente nella fase iniziale, dei mediatori culturali. Proprio per quanto riguarda l’inserimento nelle scuole è importante, come dice la circolare, la costituzione di scuole polo che ricevano le iscrizioni e provvedano ad assegnare gli alunni alle diverse scuole tenendo conto degli accordi di rete precedentemente stabiliti.
«scuole polo: esperienze, già attivate proficuamente in alcune città, prevedono che le iscrizioni in corso d’anno non siano effettuate direttamente presso la scuola, ma siano gestite da un apposito centro o da una scuola polo, anche utilizzando specifici supporti informatici. Essa provvede, secondo precedenti accordi di rete, ad assegnare i nuovi arrivati alle scuole del territorio in modo compensativo e razionalizzato»[3].
Per quanto riguarda l’inserimento in classe il documento prevede, inoltre, che un team di insegnanti, opportunamente formati, verifichino le competenze linguistiche in ingresso e considerino le altre importanti variabili per l’inserimento in classe. La circolare provvede a chiarire l’importanza dell’alfabetizzazione in lingua italiana per gli alunni neo-arrivati ed indica diverse possibilità di intervento tra cui:
·         L’attivazione di moduli intensivi di lingua italiana
·         La partecipazione a progetti di insegnamento dell’italiano come L2
·         Attività per il potenziamento della L2 nelle due ore settimanali dedicate all’insegnamento della seconda lingua comunitaria (DPR 20 marzo 2009)
Ritengo le linee d’azione esposte in questo documento molto valide dal punto di vista gestionale, ma rimane irrisolta la questione, fondamentale, riguardante il reclutamento di figure professionali specializzate come i facilitatori linguistici e dell’apprendimento. La formazione linguistica non può e non deve fermarsi al raggiungimento di un livello di padronanza considerato “utile”, ma deve inscriversi nella formazione di un curricolo verticale capace di rispondere alle esigenze linguistiche ed acquisizionali del discente.

 Giuseppe Interlandi   
        


[1] C.M. 8 Gennaio 2010, par. 3
[2] Si consiglia di consultare, a tal proposito, Favaro G., Insegnare italiano ad alunni stranieri, La Nuova Italia, Milano, 2002, cap. 1; Interlandi G., Dall’Interlingua all’intercultura. Un percorso linguistico tra le esigenze sociali, Tesi di Laurea, Catania, 2009, pp. 21-26 (pubblicata da www.tesionline.it
[3] Id. par. 5

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